Carte sporche (2002 – 2004)

Se dobbiamo fare i conti in tasca ad un artista, categoria che in genere tende a toglierseli gli anni, ecco Umberto Ippoliti. Ne dimostra di meno, ma non ha ancora cinquant’anni. E’ conosciuto nei locali di avanguardia, che egli non ama. Ma deve seguirli. Questo a Roma come a New York, stando a una laconica biografia. Giovanna Foresio, che attualmente è sua testimone nella vita d’artista, assicura: “Ippoliti è conosciuto negli Stati Uniti dove ha un mercato fiorente”: Oltre che a Roma si intende. Ippoliti è romano. Vive in Trastevere. Proprio nel suo quartiere lo incontriamo ad una sua mostra. Insolita. A dieci (dieci, non venti) passi dalla vecchia casa di Gregorio Scilitan (adesso sede sindacale, dicono) è aperto un locale di fascinose attualità. Sulla porta “Winebur/Food”. Dalle dieci di sera in poi si cena anche. Ma, sui biglietti d’artista, c’è la sigla: “Politeama Gallery”, che gestisce gli “eventi” di Politeama Arte. Diretto da Giuliano Maroder. Si beve, si assaggia tutto il giorno. Indirizzo: Lungotevere Raffaele Sanzio 1/A. Tel 06/5818868. Alle pareti i quadri di Umberto Ippoliti. Per titolo “Carte segrete”. Il catalogo? Il suo nome ripetutissimo. Presenta il pittore La Foresio, che a Roma coordina anche, con Tiziana Todi, lo spazio Galleria Vittoria, dove Ippoliti sarà ospite dal 4 dicembre. La mostra, quindi, è una accoppiata, inserita in un progetto che mira al recupero di un collezionismo discreto, personalmente invitato. Si propongono autori già affermati, come Ippoliti, ma con l’impegno di assicurarne un prosieguo di successo, tale da aumentare valori, prestigio. Il nostro Ippoliti dal 4 dicembre sarà in Via Margutta 103. Tanti sanno chi è Umberto Ippoliti. C’è in lui il coraggio di essere sempre “nuovo”, nel senso di sentirsi rinnovato: sulla tela, o sostiuto. Come? Oggi il coraggio di sentirsi davvero nuovo appare facile. Basta affermarlo. Ma il pubblico deve decidere. per Ippoliti il pubblico appare preso da una semplicità, meccanicamente congegnata su moduli di modernità assaporata, resa propria, riversata con propria forma, riversata con propria forma. “Cara Madre” è un quadro. Sua madre. Ma è stranamente, anche nostra. Almeno idealmente. “Il Trofeo” è una cosa che non si sa che cosa sia, anche se è “il trofeo”. Ci appartiene. “L’Angelo ribelle” è ognuno di noi. Tutto condotto, dipinto, reso con glaciale calorosità. “La pittura è scoperta di sé, trascrive Ippoliti nel suo biglietto di invito. La frase è da Jackson Pollok. Nel “se” ci siamo anche “noi”. Questo è il segreto.

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